Il giorno della Memoria delle vittime dell’Olocausto, un giorno contro il fascismo, contro l’intolleranza e il razzismo. Un giorno contro la propaganda che inquina i pozzi della coesione sociale. Un giorno contro i ladri di simboli e la volgarità dei social media. Potrei fare lo snippet per questo articolo con una catena di parole chiave, sicura di trovarlo in prima pagina delle ricerche di Google. Però farò qualcos’altro, invito i miei lettori a schierarsi contro ciò che crea le basi per i crimini d’odio. Vi invito a partecipare con noi alla vigilia del giorno della memoria del 27 gennaio 2022 all’incontro pubblico, la sera del 26 gennaio 2022, alle 20.30 in Sala Lucchi di Verona, dove tutto iniziò.
Ti invito a schierarti contro il fascismo in ogni sua forma!
Per quelli del “intanto non cambierà mai niente”. Iniziamo dalla cultura, il resto verrà di seguito. Vi ricordate il pezzo che avevo scritto in merito al libro di Paolo Berizzi, “È gradita la camicia nera“? Allora vi ricorderete che avevo deciso di fare qualcosa contro il clima d’odio e l’intolleranza crescente nella città dell’amore shakespeariano. L’amore di Giulietta e Romeo mercificato proprio dai fascisti con il clamoroso falso storico di via Cappello 23. Cosa? Non siete convinti che è un falso storico? Credo che le foto qui sotto lo dimostrano senza ombra di dubbio. E anche questo va commemorato, loro sono ladri di simboli, lo sono sempre stati e tra breve vi racconterò perché.
Caro Paolo Berizzi, io aggiungo un no!
No, caro Paolo, Non è gradita la camicia nera, per nulla. Ovviamente non è solo la mia testimonianza, ma sono le tante voci che raccolgo nella mia città e la sua periferia, che me lo fanno dire. Gente, veronesi, che non si identificano con la destra identitaria della curva sud e che ritengono che i “butei in giallo-blu” in fondo non sono così innocui come dicono. Persone che pur essendo di destra (anziché di sinistra) e per giunta fedeli cattolici, non credono in un Dio nazionalista e oscurantista, anzi. Concittadini e qui lo dico, che vorrebbero una Verona aperta con una Weltanschauung moderna, sostenibile e accogliente. Politiche di integrazione, anziché emarginazione. Giorni della memoria anziché dell’omertà.
Verona è il portone d’ingresso per l’Italia
…diceva mia nonna. Nonna era nata nel 1908. Mio nonno invece si ricordava come spesso Verona e il Lago di Garda in particolare, venivano definiti il “giardino bavarese”. Nonno Dino era del 1904. Aveva 10 anni, quando Franz-Josef e Friedrich-Wilhelm scatenarono l’inferno sui dolci colli veronesi, antistante il loro “giardino bavarese”, tramite la Grande Guerra.
Aveva 40 anni quando nonno Dino, ritrovandosi con la testa di bronzo di Garibaldi tra le braccia, decise di andare a fare il pasticcere-cioccolatiere in Svizzera nel 1944. No, non tutta Verona era fascista nemmeno allora e dopo l’attacco degli alleati che fece saltare la testa della statua equestre di Garibaldi nel letto di nonno attraverso la soffitta, lui ne ebbe abbastanza. Era l’inizio del grande esodo, dopo il nonno tanti altri italiani seguirono le sue orme, sperando di trovare un paese accogliente che sappia apprezzare le loro doti. Ricordiamoci anche di questo. La Svizzera è diventata il paese della chioccolata anche grazie alle persone come mio nonno, che lasciando l’Italia portarono con sé le loro arti, il loro know-how, come si direbbe oggi.
Il Giorno della Memoria per chi è passato da Verona
Tra gli anni 1943 e 1945 c’era chi era passato dalla stazione di Porta Nuova per arrivare ai campi di sterminio. #Auschwitz, nonché #Buchenwald e #Mauthausen erano maledettamente vicini grazie alla sede operativa del Comando della polizia e dei servizi di sicurezza nazisti a Verona. La SD, Sicherheitsdienst era un corpo della SS, che prese sede in centro Verona. Proprio nel giardino dei bavaresi, come diceva mio nonno. “Cheilì i se gà sempre comportà come suini n’tel porcile”, diceva. Infatti mio nonno non volle mai imparare il tedesco, nonostante abbia vissuto per 36 anni a Basilea. D’altronde lui abitava in centro, aveva la sua pasticceria in un elegante palazzo Liberty di Borgo Trento, di fronte al monumento equestre di Garibaldi. Sapeva cosa succedeva qualche chilometro più in là, nell’ex palazzo dell’Ina, un grattacielo in stile razionalista in Corso Porta Nuova.
Un edificio freddo più che futurista
Era lì che Gestapo, Kripo (polizia criminale) e polizia speciale decisero rastrellamenti e deportazioni per ebrei, gay, antifascisti e avversari politici. Di quanto era successo in quel palazzo, dove sono alloggiati uffici anziché lussuosi appartamenti del centro, oggi solo una lapide all’esterno lo ricorda. Orribili crimini contro l’umanità, decisi proprio in quelle mura, ma praticamente nessuno lo sa o lo commemora, oscurantismo quotidiano. Chissà cosa pensano gli abitanti quando scendono nelle cantine, dove 79 anni fa erano situate le prigioni per chi attendeva la deportazione. Per il giorno della memoria vorrei citare tutti i loro nomi scritti su anonimi fogli di carta, che contenevano il giudizio su chi rimaneva in vita e chi invece dovette affrontare il suo ultimo viaggio. 22’204 uomini e 1’514 donne e tanti di loro passarono proprio da queste cantine e dalla vicina stazione.
La banalità del male, come descritto da Hannah Arendt per il processo di Eichmann a Gerusalemme, era nascosta tra la burocrazia e il maniacale senso dell’ordine impostato dal nazifascismo.
La memoria quotidiana
Mi capita di passeggiare per la città e pensare se anche chi mi stia vicino percepisce, come me, quanto spesso s’incontra il fascismo. Edifici, monumenti, piazze, ponti e opere d’arte esposte in lussuose gallerie, lo testimoniano ad ogni passo. Come se non bastasse qui e là imbatti in una mangiatoia per bestiame dichiarata come tomba di Giulietta e case con finestre bizantine e balconcini medievali composti in maniera così grossolana che solo un completo neofita non si accorgerebbe del falso storico. Diciamolo pure, è una grande presa per i fondelli, ma alla gente piacciono le favole.
Il giorno della memoria,
per me è ogni volta che passo da via Mazzini e poco prima di arrivare in via Cappello, all’altezza di via Portici, mi trovo a pensare di girare in via Rita Rosani. La giovane insegnante di Trieste, che salvò i sui genitori dalla deportazione, fondò la brigata “Aquila” a Verona come combattente partigiana e morì per mano di un repubblichino sul monte Comun di Negrar in seguito al rastrellamento della sua brigata. In via Rita Rosani, appesa alla parete del tempio israelitico, c’è la lapide in sua memoria.
Quanti nomi da ricordare
C’è il monumento in bronzo e marmo che ricorda Don Giuseppe Chiot, di fronte al luogo dove si trovava il carcere degli Scalzi, che mi provoca un momento di ricordo. Il carcere degli Scalzi è il luogo dove vennero detenuti i gerarchi fascisti per il processo di Verona. Vedere il monumento del cappellano in ascolto mi provoca il ricordo di Vittore Bocchetta, l’artista, filosofo e scultore dell’opera. Lui tornò dai lager raccontando per tutta la sua lunga vita degli orrori del nazifascismo. Vittore Bocchetta è morto l’anno scorso a Verona, all’età di 102 anni e questo mi rammenta che ogni giorno che uno di loro se ne va, senza raccontarci la sua storia, noi siamo più vicini all’abisso.
Se non ricordiamo le storie dei sopravvissuti della Shoah potremmo vederci costretti a riviverla. Ecco perché il 27 gennaio è così fondamentale per la consapevolezza pubblica.
Il giorno della memoria è anche quando ci si deve confrontare con il neofascismo e ovviamente non solo a Verona. La consapevolezza però di essere come in una sorta di laboratorio dell’ultradestra reazionaria d’Europa è veramente pesante. Il non dimenticare chi è stato ucciso impone il chiedersi cosa si può fare perché non avvenga mai più. Cosa posso fare io personalmente per combattere ciò che fa emergere il fascismo e il totalitarismo?
Ad esempio posso scrivere queste righe, ricordando che le vittime del fascismo non sono solo quelle di ieri o del secolo scorso. Vittima di fascismo lo è stato anche Nicola Tommasoli, il giovane studente massacrato dai “butei” a calci e pugni in pieno centro nel 2008. Non è allora un problema del passato, non è vero che il fascismo non esiste più. Anzi, è lì in agguato pronto a scattare alla prima occasione offerta. Il Covid ad esempio.
Il Comitato Antifascista per ricordare chi ha combattuto per la nostra libertà
Ne parlo con gli amici, ci incontriamo, ognuno mette le sue idee, conoscenze e passioni. Iniziamo a darci un nome, chiedere permessi, allarghiamo il giro e ci facciamo conoscere. Noi antifascisti del terzo millennio che vogliamo condividere anziché dividere, includere anziché escludere, noi contattiamo artisti, giornalisti, autori, organizzazioni eccetera. Raccogliamo informazioni, conoscenza e un po’ di soldi e organizziamo il primo incontro pubblico per il Giorno della Memoria. Nasce così il comitato antifascista di Verona.
La nostra speranza è che ci sia un comitato in ogni città, anzi in ogni paese. Gente che si mette insieme per onorare l’antifascismo sancito dalla Costituzione a beneficio di tutti i cittadini. Persone che riescono a fare rete per il bene comune.