Gli italiani (non) sono rivoluzionari

Che titolo, mi direte, dopo tanto che non ho più scritto nulla e avete ragione! Perché gli italiani non sono rivoluzionari e ne siamo veramente sicuri? Adesso ve lo spiego. Faccio un paio di premesse però:

  • Come ogni anno, anche quest’anno faccio fatica a scrivere d’estate, quando i giorni sono lunghi, le notti troppo calde e la concentrazione lascia a desiderare.
  • Sì, sono proprio stata male. Crisi respiratoria grave con ricovero in medicina intensiva, poi reparto medicina e da allora un vero calvario dentro e fuori dalla sanità pubblica. Fortunatamente la gioia del Covid non l’ho ancora avuta, anche se non si sa con certezza.
  • La caduta del governo dei migliori mi fa piacere. Ogni tanto va anche bene cambiare il governo, in particolare se è un governo che agisce contro la collettività. Questo merita qualche approfondimento e mi spiegherò più avanti. Promesso.
  • Devo integrare urgentemente tutta la mia comunicazione social su questo spazio. Come sapete, questo blog documenta la mia crescista personale, le mie angosce, i miei pensieri e avvolte anche solo un po’ d’ironia. Tutto ciò che riguarda Tanja Con la J; e i social media ne fanno parte.

L’italiana rivoluzionaria e i suoi social

Inizio subito dall’ultimo punto. Il motivo è semplice, no non è rivoluzionario, di questo ne parlo in seguito. Uso ogni mio canale per comunicare, Facebook, Instagram, Youtube e Twitter con ben due profili. Tanja@Con_la_J e #àStiOinPiccole Dosi, l’arte della comunicazione merita chiaramente qualche approfondimento, che va oltre al cinguettio di Twitter. Ci arriverò, anzi su questo blog ne parlo spesso, come avete visto nel mio ultimo pezzo. Gli italiani non sanno fare una rivoluzione? Beh, è una bufala. Già solo il fatto che 75% degli anziani usano i social media è una rivoluzione della società italiana notevole. Abbiamo un’infrastruttura digitale da ultimo secolo e per fortuna che Paola Pisano, ex Ministro per l’innovazione digitale e l’ex Ministro della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, avevano mandato avanti questo paese a colpi di Digitalizzazione e Informatizzazione, altrimenti ciaone Covid.

Peccato che poi arrivò Brunetta e distrusse l’intero assetto delle due grilline, riportandoci nel secolo scorso. Ecco perché sono contenta che il governo Draghi sia caduto, anzi si è fatto cadere. Oppure non è ancora chiaro che Draghi il premier non l’ha mai voluto fare e tantomeno una legge di bilancio delle più dure di sempre, che portasse proprio il suo nome? L’Italia è un paese dei due passi in avanti e tre indietro, questo non è nuovo e ci allontana dalle rivoluzioni del terzo millennio, che dobbiamo affrontare. Digitalizzazione, automatizzazione, robotica, intelligenza artificiale, transizione ecologica, per citarne solo alcune. A proposito: cliccare sui link di questo paragrafo per accedere a tutti i miei social!

Gli italiani non sono rivoluzionari

Gli italiani non sono rivoluzionari, abbiamo detto

…e smentito. Però cos’è una rivoluzione? Infatti per fare un’affermazione come la sopra citata, bisogna prima capire il contesto. Se per rivoluzione si capisce l’innovazione tecnologica, sociale, culturale ecc., allora effettivamente ne abbiamo fatte già tante, la rivoluzione industriale, per esempio. Però andiamo ad analizzare il senso stretto della parola, cos’è una rivoluzione? Il sovvertimento dell’ordine costituito con un altro. A questo punto sono certa che per il 90% di voi “gli italiani non sono rivoluzionari”. E sbagliate! Nella storia italiana ce ne sono state tante; certe di ordine minore, altre pilotate dall’esterno, come la rivoluzione giacobina del triennio napoleonico e altre ancora gigantesche. Tralasciando magari le incursioni barbariche, che definitivamente portarono al rovesciamento dell’ordine romano, vediamo che rivoluzioni italiane ce ne sono a bizzeffe.

Quando si dice che “è stato proprio un 48”, si fa riferimento alle rivoluzioni contro i regimi totalitari e monarchici del 1848, ad esempio in Sicilia, Toscana, Veneto, Germania, Austria, ecc. Insomma ciò che viene definito “Primavera dei Popoli” e che per tanti aspetti ha ispirato le primavere arabe. La rivoluzione italiana più nota è la rivoluzione risorgimentale. Chi la maledice e chi la loda. L’ordine di Stato è stato sovvertito anche dal fascismo con la marcia su Roma. Quindi vediamo che gli italiani sono perfettamente in grado di fare rivoluzioni, le hanno fatte ancora prima dei francesi e anche di più importanti che altrove, Commonwealth incluso.

1946 – La rivoluzione italiana più importante

Come abbiamo visto, la terminologia implica che rivoluzionario è ciò che sovverte l’ordine costituito. Allora perché chiamare resistenza le pulsioni antifasciste e la guerriglia partigiana dal 1943 in poi? Non erano forse dei veri e propri tentativi di sovvertire il nazifascismo, che allora rappresentava l’ordine dominante? La risposta potrebbe essere, “no perché l’ordine prestabilito era la monarchia, mentre il fascismo solo la forma governativa imposta”. Ok lo accetto. Però allora, quando nel 1946 e per voto universale plebiscitario, si decise di passare prima dal fascismo alla democrazia e poi da monarchia a repubblica di ordine democratico rappresentativo, era o no una vera rivoluzione? Lo era, la più importante e determinante della nostra storia.

Tante piccole rivoluzioni, altroché gli italiani non sono rivoluzionari

Ci sono stati diversi attentati, nel vero senso della parola, all’ordine costituito italiano. Non tutti condussero a ciò che avrebbe sovvertito il “regime”, se pensiamo al golpe borghese. Gli anni di piombo con il terrorismo rosso non era una vera rivoluzione, visto che la maggioranza dei cittadini non la sostenne. Però ricordate le monetine per Craxi? Chi non appoggiò quell’episodio della nostra storia recente? Un popolo intero che si ribellò alla corruzione della prima repubblica, dopo gli scandali di mani pulite e Tangentopoli. Una piccola rivoluzione popolare oltretutto. Una rivoluzione a pieno titolo, che condusse l’Italia alla seconda repubblica.

La rivoluzione del “grillismo”… Che brutta parola!

Beppe Grillo, da sempre un artista molto controverso, ha sovvertito un altro ordine. Anzi sin dal 2009 cercò d’imporre alla politica italiana un’impronta ecosocialista. Via dal fossile, via dal corporativismo all’italiana, che vedono pochi gruppi potenti al potere dell’intero asseto politico ed economico. Via dall’occupazione del suolo e tutti verso un cammino ecosolidale. Beppe, sin dai tempi degli amici di Beppe Grillo, ci illustrò una via di innovazione tecnologica e culturale, lontana da salari insufficienti, pensioni da fame e un’istruzione deficiente. Via da corrotti e corruttori in parlamento. Via dall’illecito, dalle bustarelle e dall’appropriazione indebita.

Le cinque stelle all’inizio significavano: acqua pubblica, ambiente, mobilità sostenibile, sviluppo e connettività. In una seconda lettura trasformate in acqua, ambiente, trasporti, connettività e sviluppo. Con Giuseppe Conte diventano: Beni comuni, ecologia integrale, giustizia sociale, innovazione tecnologica ed economia eco-sociale. Anche i simboli si modernizzano!

Ecosocialismo, una rivoluzione necessaria!

Il metodo Boffo dei Renzi and Co. deridono il Movimento 5 Stelle come “grillismo” e gli attivisti vengono spesso sbeffeggiati come “grulli” o “cinque stalle”. Nonostante ciò, già solo parlare di legalitarismo in Italia è una rivoluzione! La reazione dei partitoni e giornaloni è l’etichettatura come “Movimento giustizialista”. Legalitarismo e giustizialismo sono agli antipodi, si sa, ma il metodo Rondolino fa un bel minestrone e ci serve una distorsione mediatica a 5 Stelle, oltreché diffamarci. In poche parole, il M5S è sulla strada giusta, se viene criticato così aspramente.

Un altra rivoluzione è l’imporre un agenda sociale. Ovviamente non accettata dal sistema dei grandi partiti neoliberisti, PD incluso. Del programma ambientalista, non ne parliamo. Ridurre la superfice “sfruttabile” economicamente in Italia è un tabù. Lo è anche parlare di economia circolare. All’italiano medio piace buttare i rifiuti in un sacchetto e gettarlo volgarmente fuori dal finestrino della macchina. Transizione ecologica e 100% carbon-free, ossia zero fossile, Energia rinnovabile, rewilding, tantissimi tabù. Troppi interessi oscuri che si oppongono. Però è esattamente questo che vuole imporre il M5S. No trivelle, no gasdotti e gasificatori, sì eolico, fotovoltaico e geotermia. La conoscenza di poter fare senza inquinare c’è, ma si pesta tanti, troppi, piedi. I piedi che contano. L’ecosocialismo è un argomento scottante. Un argomento che in un mondo capitalista e consumista costa l’esistenza politica ai politici. Infatti, Letta non ne parla, anzi.

Ecco cos’è successo a Giuseppe Conte. Conte è stata la vittima di un sistema ingiusto che vede 99% della popolazione globale lottare per pochi spicci. L’un percento possiede oltre 50% della ricchezza globale. Non lo dico io, ma l’Oxfam. Questo è il vero motivo per cui il Movimento 5 Stelle viene osteggiato. Questo è il motivo perché tanti portavoce non reggono la pressione e con scuse lapidarie cercano il largo.

E poi i due mandati…

Per qualcuno la scelta del candidarsi col M5S sicuramente era un opportunità. La via più corta. Gli opportunisti hanno tolto il fastidio andandosene e dimostrando la loro ipocrisia. Non ci dispiace, anzi. Per qualcun altro il reggere alla pressione mediatica e popolare, di un partito così soggetto alle avversità, è stato troppo. Sono andati anche loro. Tanti combattenti, convinti dei principi fondanti, nel corso dei due mandati si sono abituati alla vita del politico. Salario alto, auto blu, portaborse e tutto pagato da pantalone. Perché rinunciare? Via anche loro, Giggino docet.

Le ultime uscite sono state più che eclatanti. Via anche i Ministri per i rapporti con il Parlamento e Esteri. Certo, qualcuno non s’identifica col corso politico del M5S e ci sta. Però sinceramente, uscire dopo aver appreso che i due mandati non sono derogabili e fondare subito un nuovo gruppo parlamentare, come Di Maio, D’Incà, Crippa e tanti altri, è semplicemente ridicolo. A loro ci penseranno gli elettori al 25 Settembre, due giorni prima del mio 50tesimo compleanno. Quindi fate i bravi!

Ma perché due mandati? Domanda lecita, ne parlavo in questo video di ieri.

Scusate la schermata nella direzione sbagliata, migliorerò, promesso!

Ricambio politico e due mandati – Una rivoluzione perduta

Il ricambio politico è previsto dalla Costituzione Italiana. Il principio dei due mandati esiste in tanti paesi, per esempio in USA, dove viene cambiata l’intera classe dirigente, amministrazione inclusa. Tutti devono avere la possibilità di investirsi nella politica, soprattutto se sentono di avere un compito da svolgere nell’interesse della collettività. Il pensiero dello statista si distingue dal politicante proprio per questo approccio.

Se in due mandati non sei stata/o capace ad adempiere al compito che ti sei imposto, devi lasciare il campo a chi è più determinato oppure ha un progetto migliore del tuo. Se c’è l’hai fatta, ne beneficiamo tutti e di te non ce n’è più bisogno. Inoltre solo col ricambio generazionale si garantisce di non perdere il filo con il Zeitgeist e la società contemporanea. Altrimenti restiamo con gli zombie che bivaccano in parlamento da decenni.

E la competenza, non conta?

Questo non piace a chi con la scusa della “competenza” ritiene che il politico sia un mestiere come ogni altro. No, non lo è, e nemmeno se hai studiato scienze politiche avrai imparato a fare il politico. Cos’è la politica? “L’arte che attiene alla città-stato”, ovvero l’arte di fare delle regole, grazie alle quali una società tiene insieme. Regole che le dobbiamo fare tutti e mantenerle pure, se non siamo in grado di motivare perché abrogarle. Con la scusa della competenza abbiamo creato dei mostri parlamentari secolari.

Un altro aspetto, che non viene mai citato è che non c’è miglior mezzo dei due mandati contro la corruzione politica. Nessuno si metterebbe a corrompere uno che magari sarà il suo interlocutore solo per poco tempo. Il sistema affaristico-politico e mediatico questo fatto lo tiene nascosto, eppure è proprio il motivo principale per i due mandati in altri paesi, USA in primis. Ecco perché tutta la politica dovrebbe poter fare solamente due mandati al massimo. Questa rivoluzione non l’abbiamo vinta. Ancora no.

Gli italiani (non) sono rivoluzionari

Quindi alla fine gli Italiani sono rivoluzionari

Possiamo proprio dirlo! Sì che lo siamo, lo siamo stati in passato e lo siamo tutt’oggi. A volte dimentichiamo di esserlo, anche se di piccole rivoluzioni ne facciamo quasi ogni giorno. Cominciando dalla raccolta differenziata e il mangiare vegano, in rispetto dell’ambiente. Forse non siamo rivoltosi, per fortuna. Perché farsi del male se possiamo cambiare le cose in maniera ragionevole?

Non voglio tirarla troppo lunga facendovi leggere pagine e pagine. Il succo del discorso era semplice, investirò tutti i miei mezzi per appoggiare Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle. I miei mezzi sono i social, la mia homepage, il mio smartphone, quel poco di talento che ho e l’intelligenza che è nelle mie possibilità. Cercherò di accompagnarvi e ispirarvi. Voglio farvi emozionare, perché spesso un ragionamento viene favorito dalle emozioni. Cercherò di entusiasmarvi. Lo prometto!

A presto Amici, per la prossima rivoluzione alle urne!

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