Oggi era il Giorno della Memoria e voglio raccontarvi cos’era l’Olocausto, la Shoah. Cos’era Auschwitz? Vorrei ricordare ogni singola vittima dell’orrore del ventesimo secolo. 15 milioni di morti sacrificati dalla follia del nazifascismo. Purtroppo non sono in grado di farlo, per quanto vorrei. Solo un nome voglio ricordare in particolar modo, quello di Anne Frank. In ricordo di Anne Frank.
Era l’anno 2002 e per il mio trentesimo compleanno mi regalai un viaggio nei paesi bassi. Ero tornata da Israele, dove ho vissuto per diversi anni e avevo voglia di vedere il Nord. Il mare del Nord, i paesaggi selvaggi, le città con le costruzioni tipiche a graticcio, i mulini a vento e soprattutto i musei. Chi viaggia in Belgio nonché in Olanda ci va anche per i musei. Certamente l’arte fiamminga ha il suo perché, ma ci sono musei per ogni cosa, per esempio il museo del sesso ad Amsterdam. Proprio ad Amsterdam c’è la casa in ricordo di Anne Frank. Ci andai e ne rimasi tremendamente colpita.
Sii gentile e abbi coraggio
Sulla copertina del suo diario Anne scrisse “soit gentil et tiens courage”. Chi, come me, è andato a scuola in un paese germanofono conosce bene quel libro, lo si legge già alle elementari. Quando poi si passa alle medie si scrivono le prime tesine, insomma è un libro che accompagna la vita scolastica di chiunque parla tedesco. Giusto per ricordare, Anne Frank era tedesca di Francoforte sul Meno, e per sfuggire dalle leggi razziali in Germania, andò a vivere ad Amsterdam con la famiglia. Il papà, Otto Frank, un commerciante di pectina e spezie, acquisto la casa in Prinsengracht 263 di Amsterdam. La casa, con la famosa retrocasa, la Achterhuis in olandese, dove furono nascosti i Frank e i loro ospiti rifugiati anch’essi, oggi è divenuta museo.
Ricordo anziché Memoria
Anziché parlarvi di nazifascismo e gli orrori dell’Olocausto vorrei farvi partecipi ad un mio ricordo. Lascio quindi il campo della commemorazione per entrare in un mio ricordo reale e del quale posso raccontarvi. Perché faccio questa specificazione? Perché abbiamo un problema anagrafico. Io sono una persona del secolo scorso, una che ha visto numeri tatuati sull’avanbraccio. Sono una che non può negare la Shoah perché testimone in seconda persona di quell’orrore. Avendo vissuto in Israele la cosa diventa molto più accessibile per me che per tanti mei coetanei chiaramente. Questo però non è il solo problema anagrafico. Ben più significante è il fatto che chi è sopravvissuto i campi di stermino oggi semplicemente non è più con noi. Liliana Segre ha 91 anni ed era una bambina allora. Nel mio ultimo articolo avevo scritto che ognuno di loro che se ne va, senza raccontarci il suo trascorso, significa per noi che ci avviciniamo all’abisso. Come possiamo quindi ricordare quell’orrore, non avendolo vissuto sulla nostra pelle?
In ricordo di Anne Frank significa proprio andare oltre la memoria, uscire dalla retorica della commemorazione, facendolo diventare ricordo di un evento. Bisogna incorporarlo e raccontarlo come un pezzo della propria storia individuale.
Di ricordo parla la Pasqua ebraica
“Questo giorno sarà per voi un memoriale: lo celebrerete come festa del Signore, di generazione in
generazione, lo celebrerete come un rito perenne”. La citazione dell’Esodo 12,14 lo spiega benissimo cos’è il ricordo. Ogni anno a Pasqua il popolo d’Israele mangia pane non lievitato, erbe amare, uova sode, ecc. esattamente come fecero i loro avi. I rituali della pasqua vogliono immolare l’esodo dall’Egitto del popolo ebraico. I riti sono infatti ciò che fanno diventare una commemorazione un ricordo individuale. Per questo motivo voglio raccontarvi il mio ricordo di Anne Frank.
Il rituale del viaggio in memoria di Anne Frank
Torno quindi alla mia visita di quella casa alla Prinsengracht 263.
Entro e davanti a me si apre una casa spoglia. Non ci sono mobili o ricordi di vario genere, questo è stato il desiderio di Otto Frank. Ti trovi sola con la tua coscienza e la tua consapevolezza a dover ricostruire quanto hai letto nel diario di Anne Frank. Tutt’ad un tratto ti si apre un mondo fatto di oscurità, di silenzi e di attese. Percepisci quanto quella bambina dovette crescere velocemente per poter affrontare la segregazione. Ad ogni passo che fai percepisci quanto fosse stato inutile tutto ciò. La casa vuota inizia a cambiare qualcosa dentro di te, mentre tu la osservi e la tua immaginazione viaggia con te, dentro e fuori le stanzine della casa sul retro e contemporaneamente nelle pagine del libro. Ansia e tristezza si fanno spazio nella tua anima, la consapevolezza del destino di Anne e i suoi compagni ti stringe il cuore.
Ti guardi intorno e vedi come anche gli altri visitatori provano lo stesso imbarazzo che provi anche tu. Mi sono domandata più volte come si saranno sentiti gli 8 abitanti rifugiati lì, che in parte non si conoscevano nemmeno, esattamente come tu non conosci i turisti che visitano la casa con te. Diventi compagno di tutte le esperienze vissute nella casa sul retro, indipendentemente dalle persone a cui appartenevano. I pensieri degli altri diventano tuoi, perché in fondo sai che sentono esattamente le stesse emozioni che provi anche tu.
Il ricordo di Anne Frank nella sua stanzetta
Una camera è decisamente diversa dalle altre. Sai perfettamente che ti trovi nella camera di Anne e lo sai perché vedi le immagini degli attori e le attrici che lei amava. La bimba era una cinefila e quelle immagini sui muri le descrisse nel suo diario. È veramente strano, ma quando ti trovi lì senti la “Lebensfreude”, la gioia di vivere, descritta da chi ricordava la minore delle due sorelle. La prima Margot, più seria e timida, appassionata di matematica, mentre la seconda aveva la passione per la penna. Letteratura, cinema, poesie erano ciò che arricchivano la vita della piccola ebrea tedesca, prima di trovarsi con 8 persone rinchiusa in una piccola casa sul retro a dover stare in silenzio per tutto il giorno, finché nella casa principale gli addetti lavoravano, senza sapere che dietro a una libreria girevole ci fossero nascosti 8 ebrei. 8 persone su 50m2, tutto il giorno e in silenzio assoluto. Inimmaginabile, vero?
Un altro spazio della casa tramite il quale identificare la presenza di Anne Frank è il finestrino al terzo piano, nel sottotetto. Era lì che Anne si rifugiava, sognando di quando potesse finalmente tornare libera, andare al cinema o al caffè. Anne e i Frank entrarono nella Achterhuis il 5 luglio 1942 e ne uscirono il 4 agosto 1944, quando la Gestapo fece irruzione nella casa sul retro. Dopo l’arresto, il 3 settembre 1944, gli inquilini abusivi furono caricati sull’ultimo treno merci per Auschwitz. Chi morì dopo l’arrivo in una camera a gas, chi a Buchenwald per sfinimento, qualcuno di loro se ne andò senza lasciare traccia. Margot e Anne Frank furono spedite a Bergen-Belsen dove morirono in febbraio del 1945. Margot prima e Anne la seguì il giorno dopo. Una giovane infermiera olandese le seppellì una vicino all’altra in una fossa comune.
In ricordo e memoria di Anne Frank
Janny Brandes-Brilleslijper, questo il nome della giovane infermiera internata a Bergen-Belsen, cercò Otto Frank dopo la liberazione e la fine della seconda guerra mondiale e gli diede la triste notizia. Lei, in mezzo a quell’orrore non perse la dignità umana. Questo è il ricordo.