Tregua di Natale 1914-2021

L’articolo di Natale doveva farvi un riassunto sul film Novecento di Bernardo Bertolucci, che avevo menzionato nel mio ultimo articolo. Poi però, a Natale in particolare, l’ispirazione cade su tutt’altro argomento e una data specifica, il 25 dicembre 1914. Ok, ammetto, un po’ c’entra la tregua di Natale con il film di Bertolucci. Almeno la prima guerra mondiale, la Grande Guerra, è un argomento anche nel film. Un film che inizia d’estate, alla nascita di Olmo e Alfredo, porta all’autunno, ovvero alla gioventù, passa dall’inverno che simboleggia le guerre, per finire in primavera. Termina il giorno della liberazione del 25 aprile 1945.

Prometto di tornare sul più famoso film di Bernardo Bertolucci, nel quale spiega maestosamente cos’era la malvagità del fascismo, rappresentata dalla maestria di Donald Sutherland e l’abulia indifferente della borghesia alle sofferenze del popolo (Robert De Niro).

Adesso però vi porterò in trincea. Nella trincea tra la Germania del Kaiser e la Francia, tra britannici, francesi e dall’altra parte tedeschi. Tre le nazioni coinvolte, dopo che la Germania dichiarò guerra alla Francia, invadendo il Belgio nell’agosto 1914. Follia della guerra, un paese neutrale viene invaso perché semplicemente era tra uno e l’altro contraente. Follia della guerra, il Belgio viene raso al suolo dagli armamenti meccanizzati. La Grande Guerra fu una guerra di alleanze e infatti i britannici erano alleati della Francia e si trovarono per questo motivo proprio lì, al confine nelle trincee francesi. La Belle Époque era finita in trincea. Dopo 5 mesi di follia, a Natele 1914, serviva una tregua.

La Tregua di Natale del 1914 è un evento storico unico

La tregua di Natale del 1914

Immaginate giovani uomini gonfiati dalla propaganda di guerra delle diverse nazioni in campo con patriottismo, orgoglio nazionale e soprattutto con la promessa che sarà una guerra lampo. Tutti convinti che la forza dei propri armamenti metterà a tacere il “nemico” velocemente. E poi? Poi, dopo 5 mesi, sono ancora lì, tra il fango delle trincee, nelle quali oltreché fango c’erano ratti, corpi in avanzato stato di decomposizione, conserve e munizioni. L’inverno 1914-1915 viene ricordato per il freddo, l’acqua, la neve e il sangue. Trincee piene di sangue. Ormai i soldati capivano che gli armamenti delle diverse forze armate in campo erano paragonabili, che non ci sarà una guerra lampo e che lo stato d’assedio potrebbe durare allungo, molto allungo. Disillusione, smarrimento e rabbia rimpiazzarono l’orgoglio nazionale e il narcisismo patriotico. In questa tristezza di una situazione disperata si fa largo il desiderio di una tregua.

Già alla vigilia di Natale gli schieramenti iniziarono a chiamare il nemico augurando buon Natale, pian piano gli uomini uscirono dalle trincee disarmati, incontrandosi nella terra di nessuno. Si scambiarono souvenir, come i bottoni delle giacche o i lacci delle camice. Inglesi, belgi, tedeschi e francesi che si passarono la bottiglia di Sauvignon, anziché la boccia di Kirsch o di Whiskey irlandese. Chi regalò il proprio tabacco, chi le conserve di cibo, chi le lamette per fare la barba. La sera del 24 e il giorno 25 dicembre 1914 l’artiglieria tacque.

Una tregua dal basso, una tregua voluta da chi era veramente sul fronte, in mezzo al fango, i ratti e i corpi dei compagni in forte stato di decomposizione. Il giorno di Natale 1914, sul fronte occidentale, vennero sepolti i caduti e si tennero messe in diverse lingue. Uniti tutti per quel giorno di tregua, almeno a Natale, anche se non era previsto.

“Le armi sono fatte per uccidere, non per difendere” – Gino Strada

Dal Natale 1914 alla fine della prima guerra mondiale passarono ancora 3 lunghissimi anni, 10 mesi interminabili e 11 giorni bruttissimi. La guerra meccanizzata, la società delle masse e le masse al fronte, una catastrofe. L’undici novembre 1918 segnò la fine della Grande Guerra, la fine di 4 su 5 imperi, la fine del Kaiser in Germania. Finì per noi dopo Caporetto, un trauma nazionale. Finì troppo tardi, ma finì com’era venuto, all’improvviso.

Finché ci saranno “armi verranno usate” disse Gino Strada e infatti anche oggi ci sono tanti fronti dimenticati, che avrebbero bisogno di una tregua di Natale. Oppure, già che ci siamo, una fine dei combattimenti. Le guerre oggi sono tante, molte di più di quelle che immaginiamo. Pure la corsa agli armamenti non è finita e mezza Europa fa la fila per accaparrarsi gli F35. Follia della guerra, interminabile follia.

Allora i paesi, ex imperi, travolti dalla guerra, furono costretti a fronteggiare i cambiamenti sociali a braghe calate. Basta a pensare ad eventi come l’evoluzione della società da “tribale” a società delle folle. Gli sviluppi furono veramente tanti 100 anni fa. L’anonimato dei centri urbani crescenti e travolti dai tipici problemi che porta la “massa”, iniziando dalla sporcizia. La seconda ondata della spagnola uccise più persone della prima, questo dal 1918 fino al 1920. L’avvento del fascismo e la crisi del grano in Italia nel 1925 e poi subito il Black Thursday, e il crack della borsa di New York . Quindi la grande depressione. Tutti eventi che fecero crescere l’irrequietezza sociale. Eventi che allora portarono alla seconda guerra mondiale.

Ci vorrebbe un’altra tregua di Natale

Corsa agli armamenti, nazionalismo, imperialismo, crisi finanziarie e irrequietezza sociale portano con se la voce folle della guerra e per assurdo siamo sempre lì. Compriamo F35 anziché combattere il Covid con i fondi che vengono spesi per le armi. Occupiamo e sfruttiamo l’Africa, senza farci alcuno scrupolo di non mantenere la promessa d’inviare le dosi vaccinali. Delocalizziamo le nostre industrie per poi obbligare i paesi che producono i nostri prodotti ad investire in tecnologie “green”. C’è chi parla di “blocco navale” e “muri al confine dell’Europa”, mentre muoiono bambini afghani di freddo in Bielorussia. Le aziende fanno fatica, le bollette sono alle stelle con l’inflazione al 5% e i professionisti del caos sono in strada a protestare contro mascherine, vaccini e giornalisti. I neofascisti assaltano la sede della CGIL, mentre i precari si guardano bene di protestare contro l’ingiustizia e l’assenza di sicurezza sul posto di lavoro. Tutto questo a Natale del 2021, ci vorrebbe un’altra tregua, o almeno un momento di riflessione contro questa follia.

Il miracolo della notte di Natale del 1914 sul fronte della Grande Guerra -  Ponza Racconta

Buon Natale da àStiO in Piccole Dosi

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