I social, tutt’altro che sociali

Quindi finalmente mi sono convinta. Ho iniziato, ho seguito due tre step e poi, eccomi su WordPress.com. Certo inizierò come ogni principiante, dalla versione free per poi, chi sa, finirla sul mio dominio personale, pagato ogni anno e magari anche appoggiata dal vostro aiuto.

Per cosa scrivo? Per voi, ma anche per me, visto che una sana porzione di narcisismo, non può mancare ad un autore. Scrivo perché vedere le cose nero su bianco aiuta a comprenderle ed elaborarle. Arte, cultura, zeitgeist, società, politica, scrivi un pezzo e la confusione lascia spazio ad una visione più ampia. Forse le cose non sono indipendenti una dall’altra, magari gatta ci cova e quelle che a noi appaiano come singoli tasselli di un grande puzzle, alla fine sono sempre la stessa cosa, lo scrivi e vedi che ci sono delle connessioni. Di cosa parlo? Di quella macchina dei soldi che noi chiamiamo semplicemente social media.

La chiamo macchina dei soldi perché effettivamente sono il “big business” del millennio. Più che qualsiasi sviluppo tecnologico, oggi i social pullulano di persone, offerte, opportunità. Se hai un azienda, vendi un prodotto e non sei presente su Facebook, Twitter ed Instagram, non sei nessuno. Oggi la varietà dei social media diventa sempre più ampia, tanto che ci sono social per chi offre un prodotto, mentre altri dove la “merce” in vendita è la persona. Basta a pensare a Linkedin, se sei un professionista è il MUST in assoluto. Se invece sei un adolescente e non hai un account TikTok, non vali nulla. Come se l’unica cosa che conta, è il primo piano dell’ultimo video sui social. Una domanda, tutto questo è veramente gratis?

Apparentemente sì, ti iscrivi, confermi la tua identità con un click, confermi d’aver letto le condizioni d’utilizzo e utilizzi. Stop, alt! Le condizioni d’utilizzo, dove dai il consenso di utilizzare le informazioni su di te. E perché mai? Perché tutti questi diversi social vogliono sapere che titolo di studio ho, dove lavoro, la mia età, sesso, preferenza di genere. Tutte queste categorie a cosa servono? Perché Facebook deve sapere se io seguo Salvini oppure il Movimento 5 Stelle? Sapete che se avete una pagina Facebook o Instagram e magari scrivete di politica e società, dovete certificare la vostra identità, quindi il social di Paolo Alto registrerà la vostra Carta d’Identità per un anno?

Certamente dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, tutti abbiamo capito che noi per Facebook siamo un pacchetto dati e questi dati sono a tutti gli effetti commerciabili. Non solo, ma commerciabili al miglior offerente. Quindi se i social media manager di Meloni, anziché Calenda pagano di più che la comunicazione del PD o del M5S, allora il nostro “pacchetto dati” verrà venduto a loro. E cosa ci fanno i social media manager con le nostre informazioni? Beh, in teoria non tanto, statistiche… Quelle statistiche in base alle quali poi si deciderà come disegnare una campagna elettorale, chi contattare dove pubblicizzare il prodotto partitico e come confezionare questo prodotto.

Oh Madonna, ho detto un eresia. Un partito politico è un prodotto soggetto al marketing! Sì che lo è, e come! Anzi forse è il prodotto sul quale viene investito di più, in base alla rendita. Il partito, non rende affatto in effetti, è piuttosto una botte senza fondo. Comunque sul mercato dei partiti politici chi ha il prodotto più innovativo, ha la maggior possibilità di posizionarsi come trend setter. Quindi non deve per forza essere l’ultimo arrivato, il partito con le idee più futuristiche, con i propri rappresentanti più competenti ecc. no, anzi. L’unica cosa che conta veramente è che l’apparenza di questo prodotto “partito”, sia inconsueto. E così si spiega come la Lega, il partito più vecchio d’Italia, sia ritenuto il partito del “cambiamento”. Proprio questo cambiamento, è il trigger, il grilletto che fa scattare l’italiano medio.

La promessa del cambiamento infatti appaga il malcontento dell’elettorato. Ok questa frase è un po’ complicata, ma ve la spiego. In una società iniqua, poco emancipata, fondamentalmente poco istruita, che inoltre vive in un paese povero, il malcontento sociale è relativamente alto. Se questo malcontento sociale supera una certa soglia, il partito politico che fa leva su questo malcontento, avrà la meglio. Detta così pare logico. Questo spiega perché dal 2009 in poi così tanti si erano rivolti al Movimento 5 Stelle, il classico voto di protesta. Però ancora non ci è chiaro perché adesso proprio Lega e Fratelli d’Italia sembrano capaci di accontentare il bisogno popolare di (appunto) “cambiamento”. Pare impossibile infatti che chi firmò per il pareggio in bilancio in costituzione e il trattato di Dublino, oggi sia un degno rappresentante dei lavoratori, dei poveri, disoccupati, esodati, ecc. Invece è proprio sugli ultimi che i social media manager di Lega e Fratelli d’Italia fanno breccia. Esattamente come in America, dove Donald Trump e la propaganda bannoniana sfondano tra la popolazione meno istruita, anche qui in Italia il marketing politico si rivolge a chi sta peggio e magari ha un istruzione basilare. Quindi sulla popolazione che ha coltivato appunto quel malcontento, del quale ho appena parlato.

Credo che adesso cominciate a capire perché i vostri dati sono così importanti. Perché se fate parte della popolazione informata, siete meno attraenti, quindi tutti quelli che sono riusciti ad ottenere un titolo di studio e hanno imparto una professione.

Voi non avete sex-appeal per i social media manager di Meloni e Salvini. Come d’altronde non sareste stati interessanti nemmeno per Berlusconi ai tempi migliori. Esattamente come allora, chi ha delle competenze, chi comprende il gioco, chi non si lascia abbagliare, non fa parte dei 60% di elettorato dei tifosi malcontenti, ai quali basta una semplice bugia, un contentino, una marchetta elettorale. E magari usate i social per il vostro scopo, anziché lasciarvi usare da loro e così diventate pure scomodi. Forse, come me, siete una persona critica, che osserva, riflette, scrive due righe e analizza. O peggio ancora, fa tutto questo, scrive e condivide. Ecco perché mi hanno bannata da Facebook, ecco perché vengo ritenuta “pericolosa”, ecco perché adesso sono su WordPress. Inoltre, non pago le sponsorizzazioni!

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