53 Minuti, 17 più uno, oltre Piazza Fontana

Come ogni anno, anche oggi si commemora la strage di Piazza Fontana, dimenticando che quel giorno le bombe furono ben 5. Una, quella della Banca dell’Agricoltura uccise 17 persone, è vero. Però ci furono altri 4 ordigni, 3 che andarono a segno a Roma. Quel giorno, tra Roma e Milano, rimasero ferite 77 persone e uccise 17 più uno. Tanti lo chiamano “il giorno dell’innocenza perduta”, io la chiamo la giornata della smemoratezza. Adesso vi spiego cosa significa 53 minuti e 17 più uno.

La smemoratezza inizia con il “discorso” di presidenti della repubblica e presidenti del consiglio, che dimenticano che tra i feriti ci sono i 16 cittadini romani, rimasti colpiti dalle bombe nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro, a piazza Venezia e all’Altare della Patria. Oppure la dimenticanza preterintenzionale di non citare che le 17 persone morte quel giorno sono morte per mano di organizzazioni sovversive e fasciste. Infatti oggi si può tranquillamente dire che i mandanti di quelle stragi furono Franco Freda e Giovanni Ventura di Ordine Nuovo, senza correre alcun rischio di essere querelati per calunnia. Era il culmine della strategia della tensione e l’inizio degli anni di piombo. Però proprio nessuno ricorda la diciottesima vittima, Giuseppe Pinelli, detto Pino, l’antifascista della resistenza, l’anarchico. Lui che forse accidentalmente si gettò nel vuoto dal quarto piano della questura. Questo stando alle testimonianze dell’epoca.

5 Bombe, 53 minuti e 17 più una vittima

Anni di piombo, anni di omicidi di Stato, anni del sessantotto e spinte “sinistre” che dovettero essere fermate ad ogni costo. Infatti oltre ai vari gruppi operai, che iniziarono ad organizzarsi, scioperare, richiedere diritti, servizi funzionanti, welfare, pensioni, ecc., anche le donne iniziarono ad alzare la voce. Nel vero senso della parola, come avevamo visto nel mio pezzo sull’assalto a Radio Donna. Come vi dissi, gli eventi travolsero i movimenti femministi e i gruppi d’emancipazione e questi eventi erano proprio legati alla strategia della tensione, alla P2, agli omicidi, le stragi e quel clima rovente.

Organi dello Stato cospiravano contro la volontà popolare

La gente voleva che si promovessero delle vere politiche sociali. Cosa che agli organi statali non faceva comodo, ovviamente. Perché? Perché c’era da osservare il patto atlantico, perché le industrie italiane, perlopiù dell’acciaio, avevano bisogno di rimanere “concorrenziali” in confronto di altri paesi occidentali e (ri)emergenti come noi. E perché non avevamo affatto chiuso con il passato fascista, anzi. Il fascismo era proprio lì tra di noi, sull’attenti, pronto ad assalirci quanto prima poteva. Infatti la strage di Piazza Fontana ebbe luogo esattamente un anno prima del, (per fortuna fallito), Golpe Borghese.

5 bombe…

(ho scritto nel titolo), ben 4 a Roma, di cui tre attentati provocarono 16 feriti capitolini. Un colpo alla Banca Nazionale del Lavoro in via San Basilio, uno in piazza Venezia e un altro all’Altare della Patria. A Milano, oltre alla bomba nella Banca dell’Agricoltura di piazza Fontana, gli investigatori trovarono una seconda bomba inesplosa in piazza della Scala. Questi ordigni saltarono praticamente in contemporanea, in un lasso di tempo di 53 minuti. Il terrorismo nero aveva fatto un salto di qualità, gli attentati del 12 dicembre 1969 vennero chiamati anche “madre delle stragi”, proprio per l’organizzazione meticolosa. Quasi da servizi segreti, mi vien da dire, ma non perdiamoci in speculazioni. 5 bombe, 53 minuti e 17 più una vittima.

Pino l’antifascista che fu suicidato

Dovrei scrivere un articolo solo per lui in realtà. Tanti ci dedicarono libri, pièce di teatro (Dario Fo) e canzoni. “Colpa d’Alfredo” di Vasco Rossi ad esempio parla proprio di lui. Canta Vasco: “Dice che è stata una disattenzione della maestra e subito uno si è buttato giù dalla finestra”. Che la canzone di Vasco è dedicata a Giuseppe Pinelli, lo disse proprio lui, il Blasco, in un intervista. “È una metafora della rivoluzione culturale giovanile degli anni Settanta. I bambini dell’asilo sono il movimento studentesco… il bambino che si butta dalla finestra è Pinelli… e ci volevano far credere che si fosse buttato da solo! La madre è l’opinione pubblica. L’agente è lo stato di polizia“, disse il cantautore.

La morte di Pino resta avvolta nel mistero, alla versione del suicidio non ci credette nessuno sin da subito, ma cosa c’entra Pinelli con la strage di piazza Fontana? Giuseppe Pinelli era uno dei 84 arrestati ed indagati per la strage. Oltre a Pino fu arrestato anche Pasquale Valitutti, anarchico come lui e arrestato dalla medesima questura. Si trovava giusto un paio di metri più in là. Fu un testimone. Oggi tanti pensano che si cercò un capo espiatorio per la strage e Pinelli e Valitutti erano tra i primi sospettati, ma purtroppo c’è dell’altro.

La morte di Giuseppe Pinelli, 53 minuti, 17 più uno

“Quella sera Milano era caldo, ma che caldo, che caldo che faceva”

Certamente il clima era rovente nel sessantanove, ambienti anarchici insurrezionalisti, destra eversiva, sinistra extraparlamentare, lotte in piazza tra i diversi gruppi, scioperi, manifestazioni e trappole dei servizi segreti. C’era di tutto, come abbiamo visto già sopra, c’erano anche i servizi deviati, ricordiamolo. Questo però non basta per giustificare le torture subite da Pinelli e i 3 giorni di arresto provvisorio, senza stato d’accusa. Il massimo previsto dalla legge sono 48 ore!

C’è un altra canzone che ricorda sia il clima di quel periodo, come anche Pinelli. La canzone è molto esplicita nell’accusa e vengono citati nomi, fatti e motivi. Come dice la canzone “Quella sera Milano era caldo…”, vi faccio ascoltare anche questo brano, con sottotitoli, così vi rendete conto. Sui nomi ragioniamo più avanti.

Valpreda, Calabresi e Guida?

Dopo aver ascoltato questo brano vi domandate chi sono Valpreda, Calabresi e Guida, vero? Il primo è Pietro Valpreda, cantautore, ballerino, scrittore e ai tempi della strage di Piazza Fontana, un anarchico accusato di essere stato coinvolto, esattamente come Pino Pinelli. Il secondo è il commissario Luigi Calabresi, il principale sospettato per l’uccisione di Pino, secondo i gruppi anarchici. Il terzo è Marcello Guida, questore e funzionario della polizia di Milano, oltreché superiore di Calabresi.

Guarda caso, il nome di Guida salta fuori sia negli atti sul ventennio, dove era una commissario di confino a Ventotene. C’è anche nei documenti sull’antifascismo, dove viene citato collaboratore della resistenza, per cui è stato assolto dall’epurazione fascista. Poté di seguito proseguire la sua carriera nel corpo della Polizia, diventando un alto funzionario. Tra tante cose, Guida è stato pure sospettato di essere un poliziotto corrotto nel caso “Fiat”. Era nella P2? Non si sa, ma è probabile.

In ogni caso, l’allora Presidente della Camera, (guarda te) Sandro Pertini, arrivato a Milano, si rifiutò di stringergli la mano. Pertini è stato al confino a Ventotene, il Presidente Pertini non avrebbe mai stretto la mano a un fascista. Forse il presidente volle indicare che Guida non fu mai uno della resistenza? Oppure Pertini ebbe il sospetto del coinvolgimento di Guida nella morte di Giuseppe Pinelli, magari volle evidenziare così che chi condusse le indagini era l’assassino. Lo so, sono supposizioni, però è un po’ quello che pensano tutti.

53 minuti di lettura, 17 più uno d’ascolto musicale

Alla fine non sono stati gli anarchici. Tutti liberi perché il fatto non sussiste. Bene. Però furono sospettati e come! Come se le indagini dovessero per forza essere “direzionate” verso l’ambiente della sinistra. Come se operai e casalinghe fossero in grado di orchestrare una tale strategia. In 53 minuti, 17 più una vittima, in due città e 5 attentati. Ma dai, su via…

“Big Brother is watching you”

Non scontentiamo il grande fratello, il patto atlantico, i condottieri delle nostre industrie e i funzionari rimasti indenni dopo il ventennio. Tanti anni dopo il quadro accusatorio evidenzia chiaramente il coinvolgimento di Freda e Ventura, la Padova nera degli anni settanta e dei neofascisti. Accertato anche il fatto che i servizi segreti deviati hanno contribuito; neri anche quelli, neri-neri. Pezzi dello Stato sono stati direttamente responsabili, non solo per la morte di Pino Pinelli, la diciottesima vittima di Piazza Fontana, questo è sicuro. In 53 minuti 17 più uno, i morti di un 12 dicembre che cambiò l’Italia per sempre. Oggi lo sappiamo con certezza, ma nessuno ha pagato il suo conto personale con la giustizia. L’ennesima volta che gli italiani non vengono prima, almeno non per elaborare il proprio trascorso, così da poter finalmente fare pace con il passato. Prima gli italiani? Anche no!

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